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RINALDO DI MONT'ALBANO 387
La tirannia d’un barbaro monarca

Render delusa.
Rinaldo.   Olà, del mio Sovrano
Non parlate così. Barbaro Carlo?
Tiranno il nostro Re? Mente chi il dice.
Gano. Possibile, signor, che cieco tanto
Siate voi in vostro danno? Ah distinguete
Meglio di Carlo il cuor. Qui niun ci ascolta.
(guarda attorno la scena
Voglio tutto svelarvi ad onta ancora
Di quella diffidenza, onde offendete
La mia sincerità.
Rinaldo.   (Che vorrà dirmi?
Scoprasi, e si deluda). (a parte
Gano.   Amico, è giunto
A sì alto grado di Rinaldo il merto,
Che lo splendor del gallico diadema
Puote offuscar. Carlo lo vede, e il soffre
Mal volentieri. Ove s’aggira, il nome
Ode sol di Rinaldo: il volgo, i grandi,
Le milizie, i stranieri, il popol tutto
Conta le vostre gesta; e in faccia a Carlo
Sol Rinaldo s’esalta e si commenda.
Freme il Re del confronto; e quel piacere
Che arrecar gli dovria la vostra fede,
Suo tormento si fa per l’ambizioso
Desio di non aver chi la sua gloria
Possa emular.
Rinaldo.   Tutte del Re son glorie
Del vassallo i trionfi.
Gano.   È ver, ma intanto
Vincer coll’altrui braccio è gloria tale,
Che non eterna un Re. Carlo, che aspira
Al titolo di grande, odia colui
Che potria contrastargli un tanto fregio.