Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/420

Da Wikisource.
416 ATTO TERZO
In cui duce primier dell’armi vostre

Eletto fui, tosto volai del campo
Tra le genti schierate. Alla mia sposa,
Al diletto mio figlio, addio non dissi;
Tanto mi calse d’ubbidir veloce
L’improvviso comando, il sì pressante
Cenno del mio Signor. Delle milizie
Il numero raccolsi, e con mio duolo
Vidi che a diecimila i combattenti
Giugneano appena, e che pugnar doveasi
Contro l’innumerabil Saraceno
Popolo risoluto. All’uopo estremo
Era vano il consiglio, e la dimora
Periglio si facea. Marchiammo, o Sire,
Senza prender riposo, il corso intero
Di venti giorni, riposando solo
Poche ore della notte, affinchè all’alba
Di nuovo al viaggiar fossero pronti
I miei guerrier, che prevenian l’aurora
Con preghiere divote, e lieti in viso,
Stimolo essendo della gloria il nome
Alle stanche lor membra. Alfin giugnemmo
Di Roncisvalle alle pianure, ed ivi
Riposar destinai. Sull’alte cime
De’ Pirenei poste le guardie aveano
Gl’inimici Africani. Il nostro arrivo
Noto fecero al Re, che non frappose
Tempo a disporsi ad incontrar la pugna.
Riposammo la notte. Al nuovo giorno
Tutte del monte le scoscese vie
Vidersi piene d’inimici, e l’aste
Superavan gli abeti, e le bandiere
Sventolar si vedeano. Alla battaglia
Tosto i Franchi destai. Tutti in un punto
S’armaro i nostri, e non atteser essi