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530 ATTO QUARTO
Per questo solo dì trattengo Ormondo.

Dimani ei sarà tosto1 in libertade,
Nè potrò più vedervi. Ah permettete,
Che per l’ultima volta io vi favelli.
Se il perdervi, idol mio, tanto mi costa,
Voglio almeno il piacer, che a voi fia noto
Che senza colpa mia, cara, vi perdo.
No; non sono infedel qual mi credete.
Se a Costanza promisi amor e fede,
Forzato il feci, e sallo ben Leonzio
Se per sol compiacerlo io finsi allora.
Favellava a Costanza il labbro mio,
Ed intanto il mio core a voi correa2.
Sì, l’anima pensava a porvi in fronte3
La reale corona; e l’arte e i mezzi
Già divisando, e mi parea vicina
La mia felicità. Voi distruggeste
Tutta l’opra in un punto, e disponendo
Di quel cor ch’era mio, voi convertiste
In estremo dolor le gioie nostre.
Ah Matilde, la colpa è tutta vostra.
Perdeste il regno, ed io perdei la pace.
Perdemmo entrambi il sospirato frutto
Del costante amor nostro. Oh dolce un tempo,
Oh sviscerato amore! oh come adesso
Ti cangiasti in tormento! oh come adesso
Funesta l’alma mia4 tua rimembranza!
Matilde. (Ahimè! che sento? Quegli accenti... il pianto...
Gl’interrotti sospiri... Oh Dio! pur troppo
Tutto dell’error mio certa mi rende!) (a parte
E fia ver che m’inganni? A me di fede
Dunque voi non mancaste?
Enrico.   Ah s’io mentisco,

  1. Bett.: vosco.
  2. Bett.: pensava.
  3. Bett.: Sì, pensava il mio cor di porvi in fronte ecc.
  4. Bett.: oh come riesce — Funesta all’alma mia ecc.