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ENRICO 531
Quel Dio che tutto può, che tutto vede,

Ora m’incenerisca a’ piedi vostri.
Consolatevi, o cara; e l’ombre vane
Del timor discacciate; ancor son vostro.
Matilde. Enrico, oh Dio! dopo l’amaro passo
Fatto per debolezza, un maggior duolo
Reca all’anima mia la vostra fede.
Misera ed infelice! ah che mai feci?
Troppo sedotta fui da ingiusto sdegno;
Troppo facile al padre io condiscesi;
Troppo a perdermi fui facile e presta.
Io commisi il delitto. Io fui la prima
A mancarvi di fede, io fui cagione
Delle nostre comuni alte sventure.
Vendicatevi, Enrico. Or più non sono
Degna del vostro amor. Matilde odiate;
Scordatevi di lei.
Enrico.   Stelle! che dite?
Io scordarmi di voi? Ma con qual mezzo
Sradicarmi dal cuor quel primo affetto
Che distrugger non puote altro che morte?
Matilde. Eppur, oh Dio! cotesto sforzo è troppo
Necessario per noi.
Enrico.   Ah, voi capace
Di scordarvi di me dunque sareste?
Matilde. Che pensate, signor? Vi lusingate
Ch’io vi segua ad amar? Ch’io vi permetta
Più parlarmi d’amor? Deh rinunziate1
A sì vana speranza, io ve ne priego.
Se per esser regina io non son nata,
Ho però nel mio sen virtù che basta
Per salvar la mia gloria agli urti interni
Con cui mi vuole a sè rapir l’amore.

  1. Bett.: rinonziate.