Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/536

Da Wikisource.
532 ATTO QUARTO
So reagir con vigorìa perenne1.

Se mi amaste, signor, se ancor serbate
Qualche stima per me, deh vi scongiuro
Di qui tosto partir.
Enrico.   Barbara! ingrata!
Con sì fiero rigor voi mi trattate!
Non basta ancor per mio tormento estremo
Ch’io vi vegga d’Ormondo infra le braccia?
Anco il lieve piacer di rimirarvi
Negate agli occhi miei?
Matilde.   Fuggite, Enrico,
Quest’oggetto funesto agli occhi vostri.
V’amai teneramente, e non so quanto
Giugneste2 ancor... Deh per pietà partite.
Questo sforzo dovete a vostra gloria,
Questo sforzo dovete all’amor mio.
Io ve ’l domando per lo3 mio riposo,
Ve ’l dimanda il cor mio per la sua pace.
Ah per quanta virtù chiami in aiuto,
La memoria fatal dell’onor vostro,
Questi vostri sospiri, il vostro volto,
Danno all’anima mia sì fieri assalti,
Che resister non posso.
Enrico.   E pretendete
Ch’io mi parta da voi, quando, mia vita,
Più mostrate d’amarmi?
Matilde.   Incauto labbro,
Congiurato a tradirmi! Condonate
Ad un misero amor lo sfogo estremo.
Or più quella non sono. Amo colui
Che mi destina il Ciel, solo al mio sposo
Serbo la fede mia: sento pur troppo
I rimproveri suoi, perch’abbia tanto

  1. Bett.: O però nel mio sen virtù che basta — Per salvar la mia gloria. Ad un amante — Che offenderla potria, chiudo l’orecchio.
  2. Bett.: Giugnesse.
  3. Bett.: Il.