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Questa Scena è ordinata sul dissegno del Teatro Olimpico di Vicenza, ch’è la vera antichissima Scena, la quale, là colla varietà delle strade, e quà colla varietà delle Porte, leva la confusione, e rimedia a moltissime improprietà”.

Dello stesso argomento invaghivasi qualche anno dopo in Inghilterra Giacomo Thomson, il mite poeta delle Stagioni; e la sua tragedia, intitolata Sigismondo e Tancredi “dal 1745 sino agli ultimi giorni” dice il nostro storico dei teatri, Napoli Signorelli (Storia critica dei teatri, 1.a ed., Napoli, 1777, p. 389), si rappresentò a Londra “con sommo applauso Nel ’63 il Saurin la trasportò liberamente in versi francesi (Bianche et Guiscard: vedi sul Saurin il volume XVIII della presente edizione, pag. 112), ma non incontrò il favore del pubblico parigino (v. specialmente Grimm, Correspondance littéraire etc., 1 Ott. 1763; Mad.e Du Deffand, Correspondance, Paris, 1865, t. I, p. 279; Lettres de Geneviève de Malboissière à Adélaide Méliand par le comte De Luppé, Paris, Champion, 1925, p. 47; e l’allusione di Goldoni, Mém.es P. 1e 8, ch. XL cit.): tuttavia fu recitata a Modena nel 1769 nel collegio S. Carlo (A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena, Modena, 1873, P.e II, 251) e tradotta in versi sciolti a Venezia nel 1778 (L. Ferrari, Le traduz.i ital. del teatro tragico francese ecc., Paris, Champion, 1825, p. 56). Potè invogliare inoltre una lunga schiera di imitatori, specie in Italia, fra cui ricorderemo soltanto il conte Vincenzo Manzoli (Bianca ed Enrico, 1771: v. A. Parducci, La tragedia classica it.a del s. XVIII, Rocca S. Casciano, 1902, pp. 202-3) e il conte Orazio Calini (rimandiamo per tutti al cit. lavoro di À. Peter). La Zelinda del Calini, dove l’azione ci trasporta in Persia e i personaggi sono camuffati alla persiana, fu creduta opera originale e nel ’72 ottenne la prima corona nel primo concorso drammatico banditosi a Parma: ma a dispetto del verso classico e sonante, lasciò freddo il pubblico quando in quella primavera venne recitata dalla compagnia Medebach nel teatro pubblico (E. Bocchia, La drammatica a Parma, Parma, 1913, p. 173) e le Effemeridi letterarie di Roma gridarono al plagio (19 sett. 1772, art. dell’ab. Ceruti: v. pure il Carteggio di Pietro e Al. Verri, Milano, Cogliati, vol. V, 1926, pag. 162. - Cfr. E. Bertana, Il teatro tragico ital. del sec. XVIII, supplemento IV.° del Giorn. stor. della lett.a it.a, Torino, 1901, p. 162 e sgg.).

Alla fonte spagnola risalì direttamente il conte Carlo Gozzi, punto scoraggiato dal trattare un argomento “tre volte prodotto con una diversa maschera” e senza fortuna, dal Goldoni, dal Saurin e dal Calini, “nulla contando l’eloquenza pantomimica danzatrice, che l’aveva esposto ne’ Balli delle nostre Opere in musica”. All’autore delle Fiabe toccò la vittoria. “Questa mia azione tragica” raccontava più tardi, compiacendosene, “ch’io non ho intitolata Tragedia per modestia, donata da me alla Compagnia consueta del Sacchi, fu esposta in Venezia nel Teatro detto di S. Luca la prima volta nel Carnovale dell’anno 1779. Il suo avvenimento fu propizio: si è replicata parecchie sere, e rimase un buon capitale per quella Compagnia” (Opere edite ed ined., Venezia, t. X, 1803, pp. 141 e 142). E infatti la Bianca Contessa di Melfi ossia il Maritaggio per vendetta “dramma tragico