Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/578

Da Wikisource.
574
Sì, sì, quest’è l’arcano. Il partir mio

Lieve pena saria se non ti amassi.
Vuoi ch’io mi parta ed ami, acciò l’amarti
Sentir mi faccia del partir la pena
Parto, spietata, e per mia doglia io t’amo;
Ma se il partir, ma se il morir m’imponi,
Guardami almen prima ch’io parta, e mora.
Volgi per un momento a me quegli occhi;
Quest’è l’ultimo don ch’io ti dimando.
Antonia. Bellisario, non più: parti se m’ami.
Bellisario. Vado dunque a morir, ma spirto errante ecc.
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     

SCENA VIII.

Teodora e Antonia.

Teodora. Tu piangi, Antonia? Il tuo dolor m’incresce ecc.

.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     
Antonia. Non è sempre l’amare e il non amare
Facile al cuor.
Teodora.   Semplice che sei;
Infelice è colei ch’ha un solo amante,
E col variar stagion non varia affetto.
Prova, prova una volta, e ben vedrai
Quanto il novello amor sempre è più dolce.
Antonia. Fida e costante il mio destin mi vuole.
Teodora. Per questa volta, Antonia, in me conosci
Il tuo destino. Ecco Filippo: ad esso
Oggi stender la man devi di Sposa.
Antonia. Offrirò prima a crudo ferro il capo.

SCENA IX.

Filippo e detti.

Filippo. Bella... ma qui Teodora? ecc.

.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .