Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/172

Da Wikisource.
168 ATTO TERZO
Tamas. Che parli di Cadì, di legge e d’Alcorano?

lo son nei tetti miei l’interprete e il sovrano.
Fatima. Ah signor, qual mia colpa v’arma a sìri ria vendetta?
Tamas. Non merta l’amor mio colei che nol rispetta.
Fatima. Che dir volete? Ircana...
Tamas.   Sì, l’insultasti, audace.
Fatima. Ah non è ver.
Tamas.   T’accheta; non è Ircana mendace.
Fatima. Ella che l’insultassi può sostener? L’afferma
Francamente il suo labbro?
Tamas.   E Curcuma il conferma.
Fatima. Curcuma! scellerata! Quella che un rio veleno...
Tamas. Doveva alla mia schiava dar, per tua legge, al seno.
Ma il Cielo...
Fatima.   Ah non è vero.
Tamas.   Perfida!
Fatima.   Ah son tradita.
Tamas. Indegna d’uno sposo, indegna della vita,
Togliti agli occhi miei; non vi sarà chi invano
Teco d’unirmi ardisca col cuore o con la mano;
E se volesse il padre a forza, e a mio dispetto.
Ti caccierei, ribalda, questo pugnale in petto.
(sfodera il pugnale
Fatima. Aita...

SCENA VI.

Machmut e detti.

Machmut.   Olà, che tenti?

Tamas.   Minaccio, e non ferisco.
Machmut. Chi minacci?
Tamas.   Un’indegna.
Machmut.   Sei tu? (a Fat.) (Non lo capisco).
Fatima. Son io quell’infelice, che ha la gran colpa in seno,
D’aver alla sua bella...
Tamas.   Preparato il veleno.