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GIUSTINO 15
Non ti passa nel corso; e s’io ti chiamo

Degli armenti1 a guidar la coppia2 umile,
Tardo ti movi3, e quasi a forza in glebe
La terra a ricompor spingi l’aratro.
Ah I t’inganni4, se a vil reputi l’uso
Di coltivar la terra. Uomini illustri
Pel valor, per virtù, per gradi eccelsi.
Non isdegnaro colle proprie mani
Le proprie terre5 fecondar. Di Roma
I consoli superbi avean per uso,
Le clamidi deposte e i consolari
Purpurei fregi6, ripigliar l’aratro.
Ciò appresi in Corte quando7 anch’io desioso
Di cangiar stato, cangiai cielo, e vidi
Che sol felice è chi di stato umile
Sa contentarsi.
Giustino.   Ah! padre8, io lo confesso,
Quest’uso vil di guidar bovi al campo
Soffrir non so. Tu lo dicesti: un arco,
Una belva, un cimento, un’asta, un ferro
Fa tutto il mio piacer.
Ergaasto.   Non sempre lice
Tutto ciò che diletta. AI quotidiano
Vitto9 dobbiam pensar. Se tu trascuri
Di coltivar questa che il Ciel ci diede
Poca parte di terra, il pane, il vino
D’onde avrem noi? Vecchio son io10, nè posso
Reggermi più, nè11più mi vale il braccio
A sollevar la diretana12 parte
Dell’aratro pesante. Anco la voce
Mancami a stimolar gli affaticati13

  1. Ms.: Degl’armenti.
  2. Ms.: copia.
  3. Ms.: muovi.
  4. Ms.: Ah t’inganni.
  5. Così nell’autografo. Nell’ed. Zatta si legge: a fecondar.
  6. Ms.: fregi.
  7. Così nell’autografo. Nell’ed. Zatte: quand’anch’io.
  8. Ms.: Ah Padre.
  9. M₂.: Vito.
  10. Ms.: son' io.
  11. Nell’autografo il ne è senza l’accento, qui e altrove.
  12. Ms.: deretana.
  13. Ma: gl'affaticati.