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spose che soffrono da un’arrogante schiava le più mortificanti parole; quelle Curcume sfacciate, mezzane, rapaci, vilissime?” (l. c., 130-1).

Nè molto più mite si mostra con le “commedie eroiche” Luigi Carrer:“Tre commedie di questo genere ebbero a’ loro giorni il maggior applauso dalla moltitudine veneziana, e tuttavia si ricordano con grande affezione dalla gente volgare. E facile a chi sia impratichito del teatro del Goldoni, l’accorgersi ch’io intendo parlare della Sposa Persiana, e delle due altre commedie che a quella tengono dietro. Chi volesse indagare il perchè dell’entusiasmo, con cui furono accolte appena comparvero sul teatro, avrebbe a considerare principalmente il bisogno in cui trovavasi la nazione di essere vivamente commossa da alcun che di stravagante, o per lo meno d’insolito”. E quindi spiega ed aggiunge: “Queste a mio gusto sono le men pregevoli fra le commedie che quel grand’uomo compose... Tornando col discorso alla Sposa Persiana, noi siamo ben lungi dal respirare le molli aure asiatiche, e dall’adagiarsi sui profumati soffà di quei voluttuosi visitri. Noi siamo bene lungi dall’ascoltare il linguaggio d’un popolo per natura focosissimo, e a cui la tempra del clima suggerisce alla mente le immagini più vive ed ardite. Niente, a mio parere, d. meno asiatico, e di meno persiano della Sposa Persiana di C. Goldoni. Chi tollera con pazienza quelle lunghe tiritere del padre, che congeda la figlia infilzando proverbi? Chi quella sguaiata, per non dir sordidissima, fantesca di Curcuma, appena appena comportabile in un cerchietto di sgualdrinelle disfatte? Forse alcun lampo di vera poesia v’ha nel carattere della bella schiava, ma quante volte non manca a se stessa? La sposa è la più insulsa sposa che possa immaginarsi. Infine io confesso, e forse m’inganno, queste sono tra le commedie di Goldoni quelle che veramente mi vengono a noja, per la discordanza dello stile col soggetto, del soggetto co’ personaggi, dei personaggi colla nazione cui appartengono” (Vita di C. Gold., t III. Venezia, 1825, pp. 105-108).

Più brevemente, ma troppo tragicamente, il Tommaseo lamenta il destino del Goldoni: “Eccolo condotto come di forza alla commedia esotica: ecco nascere le Spose persiane e le Pamele; sforzi d’ingegno abbandonato dagli uomini, tradito da’ tempi” (Storia civile nella letteraria, ed. Loescher, 1872, pag. 278).

Eppure qualcuno ancora si commoveva per Fatima e per Ircana, come per esempio il Gherardini (v. note aggiunte alla traduzione del Corso di letteratura drammatica di A.nota. Schlegel, t. II, Milano, 1817, p. 325), o come Francesco Salfi (Ristretto della storia della letter. ital., Firenze. 1848, p. 334). Ma la condanna scese ai giorni nostri recisa e precisa, senz’altro appello, sulla Sposa Persiana (v. Vemon Lee, che vi incontra pesantezza, volgarità, falsità: Il Settecento in Italia, voal. II, Milano, 1882, p. 282; E. Maddalena, Gold. e Favari, l. c.; G. B. Pellizzaro, La vita e le opere di C. Gold., Livorno, 1914, p. 43. A B. Schmidbauer, Das komische bei Goldoni, Munchen, 1906, p. 152, par di riconoscere ancora, beato lui!, Pantalone. Fiorindo e Rosaura in vesti persiane). Invano Virgilio Brocchi trova “non privi d’interesse” i “romanzi sceneggiati”, così li chiama, della trilogia persiana (C. Gold, e Venezia nel sec. XVIII, Bologna, 1907, p. 38); invano H. C. Chatfield Taylor scorge in queste pseudocommedie “un interessante contrasto fra i costumi d’Europa e d’Oriente” (C. Goldoni, New York, 1913, p. 442); invano il vecchio De Gu-