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270 ATTO TERZO
Verran, per quel ch’io sento, a ritrovarvi instane:

Or vedete di Zilia al Peruvian se preme.
Bella, bella davvero, questa la godo assai.
A voi per lume vostro l’avviso anticipai.
Aprite gli occhi, e siate più cauto in avvenire.
Taccio quel più che a voce riserbomi1 di dire.
Ritornerò fra poco unito ad un curiale
Per far a voi del bene, per evitarvi un male.
E dalle mie ragioni, che sostener vogl’io,
Cerco il profitto vostro più che il profitto mio.

Ora intendo il mistero...
Rollino.   Presto, il padron vi aspetta.
Pierotto. Vi è novità, Rollino?
Rollino.   Fate presto, che ha fretta, parte
Pierotto. Vado subito. Adesso la verità si mostra.
Se il Peruviano è d’altri, la Peruviana è nostra. parte

SCENA V.

Zilia, poi Serpina.

Zilia. Ma non poss’io un momento cambiar2 da solo a sola

Lungi dall’altrui sguardo con Aza una parola?
Cento novelle e cento fra noi gli chiederei.
Chi sia quella straniera, prima saper vorrei.
S’egli la stima e apprezza, degna sarà d’onore.
Avrà prove d’affetto dall’umile mio cuore.
Che tutto esser comune dee tra sposi felici,
Gli affanni ed i piaceri, gli amici ed i nemici.
Ehi, chi è di là?
Serpina.   Signora.
Zilia.   Due sedie.
Serpina.   Ora vi servo.
Eccole, ma nessuno per occuparle osservo.

  1. Ed. Pitteri: risserbomi.
  2. Edd. di Torino e Zatta: parlar.