Vai al contenuto

Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/292

Da Wikisource.
288 ATTO QUARTO
Deterville.   Sa tutto.

Da un foglio il di lei cuore fu d’ogni cosa istrutto:
Anzi dal foglio stesso può sospettar più ancora.
Zulmira. Il vero facilmente col falso si colora.
Lo so che degli amanti non può celarsi il foco,
Ma si arguisce il molto, quando traspare il poco.
Di quel che dica un foglio, non prendomi pensiero,
Spiacemi che si creda un ben che non è vero.
Deterville. S’ha da scoprir l’arcano; Zilia che piange e freme,
S’ha da trovar fra poco col Peruviano insieme.
So ch’ei lo brama, ed ella è irresoluta ancora.
Ma farò io che vada ad ascoltarlo or ora.
51 sveleranno il cuore; diran le loro pene...
Zulmira. No signor, perdonate. Così non andrà bene.
Due corrucciati amanti, se son da solo a sola,
Può per rappattumarli bastare una parola.
Si veggano, si parlino, sciolgansi (il Ciel lo voglia);
Ma noi non siam lontani però da quella soglia.
Sentiam, se fia possibile, quel che fra lor si dice.
Deterville. Perdonate, signora, cotanto a noi non lice.
In libertà si lascino parlare a lor talento.
Tale il dover mi sembra, tale è il mio sentimento.
Se sciolgonsi fra loro, sperar potremo noi.
Io soffrirò, se si amano; soffritelo anche voi. parte

SCENA IV.

Zulmira, poi Don Alonso.

Zulmira. Quest’è amor? Non è vero; s’ei fosse innamorato,

Esser non mostrerebbe cotanto delicato.
Non dico ch’ei d’amore tenti rapire il frutto;
Ma, salva l’onestade, dee provvedere a tutto:
O son de’ miei affetti minor gli affetti sui,
O in cuor, benché sia donna, più coraggio ho di lui.