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426 ATTO PRIMO

SCENA VI.

Campagna rasa con veduta della porta della città d’Ispaan.

Tamas ed Ircana, passeggiando ambidue alcun poco senza dir nulla.

Ircana. Tamas, che pensi?

Tamas.   Ah penso dove trovare onesto
Luogo per ricovrarci.
Ircana.   Non ti smarrir per questo.
Lungi da questo cielo errar non mi confondo.
Vivesi dappertutto. Patria di tutti è il mondo.
Tamas. Perchè resisti, Ircana, se ritentar mi affretto
Del genitor che m’ama, di ritornare al tetto?
Ircana. Tamas, non ti sovviene, ch’ivi colei dimora
Che fu tua donna un tempo, e mia nemica è ancora?
Tamas. Sposa è d’Ali.
Ircana.   Ma in vano speri, ch’estinto in petto
Abbia ver me lo sdegno, abbia per te l’affetto.
Fin che colei dal fianco di Machmut non riede,
Non ti pensar ch’io porti a quelle soglie il piede.
Tamas. Pria di lasciar la patria per procacciare i stenti,
Vuol la ragion, che almeno il genitor si tenti.
Ircana. Va, se ti cale, ingrato, d’un ben per me perduto.
In faccia al padre offeso rinnova il mio rifiuto.
Se più della mia destra gli agi paterni apprezzi,
Ricompra la tua pace al suon de’ miei disprezzi.
Fammi veder che a forza, alla mia destra unito,
L’ombre ti fer mio sposo, ti alzi col sol pentito.
E che per uso, avvezzo cambiar sposa ed amante,
I tuoi sospir son frutti di un’anima incostante.
Tamas. Non si aspettava, Ircana, Tamas fra i mali suoi,
Rimprovero sì acerbo 1 udir dai labbri tuoi.
Tu della mia incostanza, tu mi favelli, ingrata?

  1. Ed. Pitteri: accerbo.