Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXIV.djvu/447

Da Wikisource.

IRCANA IN ISPAAN 443
Fatima. No, non pretendo un cuore, che abbandonommi ingrato.

Lieta son io di sposo, che mi concede il fato.
Tamas sia tuo per sempre, fin che tu resti in vita;
Basta che tu mi parli meno orgogliosa e ardita.
Bastami dal tuo seno ogni livor rimosso;
Venderti a minor prezzo le mie ragion non posso.
Non nego esserti amica, non temo i sdegni tuoi;
Amami, se ti cale, odiami, se tu vuoi. parte

SCENA IX.

Ircana, poi Tamas.

Ircana. E soffrirò vedermi sempre orgogliosa in faccia,

Donna che a mio rossore si vanta e mi rinfaccia?
E soffrirò il periglio, che alla rivale appresso
M’insulti e mi rimproveri anche lo sposo istesso?
No, vo’ partire; e meco Tamas da queste porte
Tragga veloce il piede, o mi condanni a morte.
Eccolo. Oh Dei! con Fatima parla l’ingrato. Ah indegno!
Sugli occhi miei? sì poco a lui cal del mio sdegno?
Ah saprò la rivale ferir fra le sue braccia,
La svenerò ben anche di Machmut in faccia.
(movendosi furiosamente verso la scena
Tamas. Dove così furente?
Ircana.   A vendicar quei torti,
Che fin sugli occhi miei, per mio rossor, mi porti.
Tamas. Fermati.
Ircana.   O andiam per sempre1 lungi da questo tetto,
O mi vedrai quel seno ferire a tuo dispetto.
Tamas. Modera quello sdegno, che in te soverchio abbonda.
Qui d’amor non si parla. Noi Osmano circonda.
Vien cogli armati suoi, e delle guardie ad onta,

  1. Così Pitteri e Pasquali. Nella ristampa di Bologna (1768) a in quella di Torino (1775), e nelle edd. Savioli (1770) e Zatta leggasi solo: O n’andiamo.