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LA BELLA SELVAGGIA 541
S’è dell’onor gelosa, fugga il periglio e mora.

Camur, padre le sei. Diede in tua man la sorte
L’arbitrio di sua vita, l’arbitrio di sua morte.
Quell’onorato impegno che l’anima ti accende,
Da te, da tua virtude, questo gran colpo attende.
Se del nemico in braccio fia Delmira tornata,
La figlia è mal difesa, la donna è svergognata.
Ecco il fatal momento che il tuo coraggio onora.
(porge il dardo a Camur che lo piglia
Questo mio dardo impugna, apri quel seno, e mora.
Delmira. Qual barbara mercede alla costanza, o Dei!
Zadir. Non trattenere il colpo, non confidare in lei.
Mira il pallor nascente in quella ingrata in faccia.
Ah! quel timido ciglio l’accusa e la rinfaccia.
E tu, se non consenti al fin de’ giorni suoi,
Dovrai, anima vile, soffrire i scorni tuoi.
Camur. Ah pria che dal mio sangue soffra l’indegno oltraggio,
Taccia in me la natura, s’accenda il mio coraggio.
Figlia, all’onor si cerca scampo migliore invano.
Pria di morir fra gli empi, morir dei per mia mano.
Delmira. Sì, genitor, la vita tu mi donasti un giorno,
A te senza lagnarmi questo tuo don ritorno.
La figliale obbedienza, l’umile mio rispetto
Mi anima ad offerire alle ferite il petto.
Camur. Oimè! qual per le membra gelido orror mi scorre?
Manca al braccio la forza. Oh Dei! chi mi soccorre?
Tenero amor di padre, tu mi avvilisci il core.
Umanità infelice, t’intendo a mio rossore.
Quell’umile sembiante in faccia al suo periglio
M’intenerisce il cuore, m’inumidisce il ciglio.
Zadir. Qual viltà vergognosa, Camur, ti occupa il seno?
Nell’onorato impegno il tuo valor vien meno?
Sarai fra queste selve il primier genitore
Che di sua man trafitto abbia di figlia il cuore?
Sai che la patria nostra per legge e per costume