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46 ATTO SECONDO
Ma se ragione ascolto, ti perdo in un istante.

Dimmi, Zandira, il vero, ami il rival?
Zandira.   Non l’amo.
Lisauro. Brami ch’ei sia tuo sposo?
Zandira.   Le nozze sue non bramo.
Marmut. Passa il tempo. (a Lisauro
Lisauro. T’accheta. (a Marmut) Se ad onta del tuo core
Sposa sua ti volesse? (a Zandira
Zandira.   Ah, morrei di dolore.
Lisauro. Essere ti figura con un marito al fianco
Da’ tuoi sforzati amplessi intiepidito e stanco.
Fingiti nel suo tetto abbandonata e oppressa,
Odiosa al fier consorte e alla famiglia istessa,
Senza de’ tuoi congiunti, senza trovare amici,
Che a tollerar ti aiutino le tue sventure ultrici;
E di godere invece dolce d’amor catena,
Essere altrui costretta ad obbedir con pena.
Quale rimorso avresti, dimmi, d’aver tradito,
Col simular, te stessa e il misero marito?
Questo è il fatal destino, a cui la vita esponi,
Questo il fin di quel zelo che alle mie brame opponi.
Perdi me, te medesma1, il tuo consorte istesso;
Sei di tre cor tiranna. Che mi rispondi adesso?
Marmut. (Sentiam che cosa dice). (da sè
Zandira.   Lisauro, io ti rispondo.
Facciasi la giustizia, indi perisca il mondo.
Se oppressa e sventurata il Ciel vorrà ch’io sia,
Basta ch’io non sia tale almen per colpa mia.
Tutte saprei le ingiurie, tutte soffrir del fato,
Pria che sentirmi il cuore rimproverar d’ingrato.
Lisauro. Misero quell’infermo, di cui medica mano
A superar non vale l’avvilimento insano.
Curansi i mali estremi colla violenza ancora,
Ah se l’ardir t’offende, il perdonar s’implora.

  1. Ed. Zatta: medesima.