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Degg’io1 con questo freddo2?

Cotanta crudeltade in voi non credo3.
Andate alla malora.
Ecco dove alla fin m’hanno ridotto
Il giuoco rio, la crapula, i bagordi4.
Ma che dirà mia moglie
Quando questo saprà? Pur troppo anch’essa
Con le sue tante mode e tante gale
Fu in gran parte cagion di questo male.
Ma non vorrei al certo
Ch’ella mi ritrovasse in questo stato;
Vuò batter da Cocchina mia sorella.
È ver che fuor di casa
Per cagion di mia moglie io la cacciai,
E che le5 consumai
Quasi tutta la dote,
Ma pur trovarla io spero,
Per la forza del sangue,
Ancor pietosa ad un fratei che langue.
Ehi di casa. Cecchina.

SCENA II.

Cecchina al balcone e detto.

Cecchina. Siete voi, fratel mio6?

Orazio. Sì, sorella, son io.
Cecchina. In camiscia? perchè?
Orazio.   La mia disgrazia
Mi ridusse così.
Cecchina.   Come?
Orazio.   Di casa

  1. Nelle edd. Ghislandi, Tevernin, Zatta: deggio.
  2. Nelle edd. del Settecento è stampato fredo, per la rima.
  3. Nelle ed. Valvasense e nella rist. Venetia-Bassano segue la didascalia: "Li quattro lo salutano, e partono atta muta".
  4. Così l’ed. Zatta. Nelle edizioni precedenti: la crapula et caetera.
  5. Ed. Valvasense: gli.
  6. Nell’ed. Valvasense, mancando la divisione in scene, è aggiunta questa didascalia: alla finestra.