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140 | PARTE PRIMA |
SCENA IV.
Cecchina e detti.
Cecchina. Olà fermeu1;
Disì, che diavol feu?
Lindora. Sto tartaggia insolente
Con i so cani m’ha levà la zente.
Orazio. Ella è una bububugiarda.
Cecchina. E no v’avergugnè
In piazza a taccar lit?
Più tost che circulant,
Me pari du birbant.
Orazio. Didite bene
Cocolei è una che che non sa nulla,
Più più ignorante dedella baulla 2..
Lindora. E vu, siora, chi seu?
Cecchina. No vediv? Urtadora;
E sì a son da Bulogna.
Lindora. Steme lontan, no me tacche la rogna3.
Cecchina. Se chi son saver voli,
Vel dirò, steme ascultar.
Basta ben che non ridì
Nel sentimi a rasonar.
La mi mama fu Menghina,
Mi papà Bartolomiè;
I vendean la porcelina 4
Alla Tor di Asiniè5.
Orazio. (Oh quanto agli occhi miei
Va piacendo costei!)
- ↑ Ghisl. ecc.:
- ↑ Ghisl., Tev., Zatta: Più più ignorante e ostinata d’una mula. Baùla significa donna disonesta, detto per ingiuria: Boerio.
- ↑ Nelle edd. Tevernin e Zatta è stampato soltanto: Steme lontan. Il Pasqualigo ricorda il proverbio veneto: “El primo ano che ’l va a Bologna, o l’ha frieve o l’ha rogna (Raccolta ecc., Treviso, 1882, pag. 263). Vedi Casanova, Mémoires, ed. Paris, Garnier, vol. V, 310 e molti altri viaggiatori.
- ↑ Ghisl., Tev., Zatta: procelina. Certamente la purzleina o porchetta.
- ↑ Ricorda la famosa torre degli Asinelli. Nemmeno questo è dialetto bolognese.