Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/162

Da Wikisource.
160
Ma non la vedo ancora comparire.

Voglio batter di nuovo: eh là di casa!
Cechina.   Chi star? Chi batter?
  Che cossa voler?
  Via presto parlar,
  Seno mi menar.
Lindora. (Come, un Schiavon?)
Orazio. (Oimè, che brutto imbroglio!)
Cechina. Star ti che batter porta?
Orazio. Sì signor, io battei.
Cechina. Chi domandar?
(Egli non mi conosce.
Voglio seguir l’inganno
Per sottrarmi così da un maggior danno).
Lindora. Meggio sarà che andemo.
Orazio. Io timore non ho (ma però tremo).
Dimandavo Cechina.
Cechina. Che voler da Cechina?
Ella star mia muggier.
Orazio. (Oimè che sento!
Mia sorella consorte ad un Schiavone!)
Cechina. Forsi aver amizizia 1?
Mi ella strangolar,
E ti, razza de puorco, sbudellar.
Lindora. Oe, oe, come parleu?
Cechina. Taser ti, donna matta,
O mi te dar su muso mia zavatta.
Orazio. Cechina è vostra moglie?
E voi chi siete?
Cechina. Mi star Stiepo Bruich, da Pastrovichio 2.
Orazio. E che mestiero è il vostro?
Cechina. Che mistier? Che mistier? Stara mercanta.
Mi star mercanta de castradina 3,

  1. Nel testo: amizuzia.
  2. Ultima comunità meridionale della Dalmazia veneta.
  3. Vendevano gli Schiavoni a Venezia la famosa carne di castrato dell’Albania e della Dalmazia: v. Boerio.