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Lo Bravazzu (Allacci); e una commedia veneziana stampata nel 1693, di Bonvicino Gioanelli (ossia del dottor Giovanni Bonicelli) s’intitola Pantalon bullo ovvero la Pusillanimità coperta. Il bulo ricompare poi, più o meno ingentilito, nel cortesan veneziano; e lo ritroviamo più d’una volta nel teatro di Goldoni (v. Maddalena, Figurine goldoniane - Capitan Fracassa, Zara, 1899, pp. 7 e 16). Non abbiamo già visto Volpiciona travestita da sgherro, nella Pelarina, far paura a Tascadoro? Abbondano i bravi nell’opera buffa napoletana. Un finto bulo è pure il muto personaggio di Vespone nella Serva padrona ( 1733) del Federico. Ma fin dal 1709 un bravaccio, Zamberlucco, appare l’eroe d’un povero Intermezzo, musicato dal maestro Gasparini e recitato a Venezia nel teatro di San Cassiano. Nessuna novità, dunque, ma la fine della seconda parte, e molto più quella della terza, dimostrano ormai l’abilità scenica dell’autore che, almeno per un istante, porta un raggio d’arte e di vita sui teatri veneziani. Piacemi anche notare con quanto disprezzo il giovane Goldoni colpisca il ripugnante spettacolo della viltà, così comune nei più tristi secoli della nostra storia.

"La parte di Zanetto era evidentemente scritta per l’Imer afferma Mario Penna, quella di Dorilla per l’astuta Passalacqua, e l’Agnese Amurat "che probabilmente doveva avere voce di contralto, perchè già altre volte aveva recitato in abito d’uomo, forse sostenne la parte di Narciso". La caricatura di Zanetto, che il Penna accosta al Momolo cortesan (1738: v. l’Uomo di mondo, vol. I) per mostrarne il contrasto, "è ancora alquanto esagerata, e, in qualche tratto, volgare, ma si è già avvicinata alla realtà": cogliendo una figura del teatro dell’Arte, il paroncin sciocco'', il Goldoni "ha tenuto d’occhio un carattere reale, che sarà il primo del suo teatro, il cortesan, e ne ha dipinto il rovescio... L’Uomo di mondo non è già così lontano" (l. c., pp. 57-60). Si potrebbe aggiungere che tanto più vien voglia di lodare il giovane riformatore del teatro veneziano se, di fronte a Zanetto, ricordiamo un altro paroncin sciocco, e propriamente lo sguaiato Conte Còpano (1734) dell’avvocato Gori, rivale del Goldoni nel teatro di San Samuele, che risente ancora la volgarità e la rozzezza della commedia dell’Arte in decadenza.

Anche il Momigliano (il quale nella sua notissima antologia riferì la prima scena) osserva che questo Intermezzo "comincia con una disinvoltura già goldoniana: c’è già il poeta che guarda diretto alla realtà e sa introdursi senz’altro in un ambiente cogliendone i piccoli particolari caratteristici" (Le opere di C. Q. scelte e illustrate da Attilio Momigliano, Napoli, 1914, p. 43, n. 3). Molto prima ne aveva parlato il Maddalena in uno dei suoi primissimi saggi goldoniani, stampato nelle appendici del Dalmata, nel novembre del 1891; e così concludeva, dopo descritta minutamente l’azione: "Sarebbe proprio superfluo di notare l’inverosimiglianza dei caratteri, l’ingenuità delle situazioni, e la puerilità del tutto. Il poeta era alle sue prime armi... ma qualche buon tratto comico, dell’arguzia e del brio non fanno difetto: ex ungue leonem" (Noterelle goldoniane - La bottega del caffè).

La bòttega da caffè doveva più tardi fare qualche altra apparizione nel teatro di Goldoni, per esempio nel ’53 nel Contrattempo, nel ’54 nel Festino, nel 58 nelle Morbinose e nelle Donne di buon umore: ma in una delle sedici commedie dello storico anno comico 1750-51, ch’è fra le più popolari del-