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In diversa maniera

Dal fu signor Anselmo mio consorte.
Ahi memoria fatale! ahi cruda morte!
Egli volea che seco
Trattassi1 in complimento; e allora quando
La maggior confidenza era dovuta,
Mi voleva civile e sostenuta.
Filiberto. Oh allora poi...
Lilla.   Quello era un buon consorte.
Ahi memoria fatale! ahi cruda morte!
Filiberto. Ecco l’usato stile
Delle vedove donne: ogni momento
Bestemmiano la morte,
Piangono tutto il giorno
La felice memoria del consorte;
E pur, tanto che visse2
Non vedevano l’ora che morisse.
Lilla. Oh, io non son di quelle.
Quando prendo ad amar, amo davvero,
Nè mai per il pensiero
Mi passa un sentimento odioso e rio.
(Basta ch’io possa 3 fare a modo mio).
Filiberto. Dunque, se l’è così...
Lilla. Io mi ricordo4
Di quel gran ben che mi voleva, oh sorte!
Ahi memoria fatale! ahi cruda morte!
Filiberto. Su via, signora Lilla,
Lasci questo dolor troppo eccessivo;
Si scordi ’l morto e la consoli ’l vivo.
Finalmente le tocca
Un consorte ben fatto,
Nobile, ricco, manieroso e saggio.

  1. Nelle stampe del Settecento: trattass’in ecc.
  2. L’ed. Zatta corregge: E pure allor che visse.
  3. Così Zatta. Nelle edd. Valvasense (1736), Tevernin (t. IV, 1753) ecc.: Basta che possi.
  4. Zatta: No, non mi scordo.