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L'AMANTE CABALA 269
Filiberto son io,

Conte di Transilvania,
Famoso per le imprese
Fatte in più d’un paese.
Oh quante, oh quante donne 1
Piangon per mia cagione
Afflitte e disperate!
Oh quante... (che da me furon gabbate!)
Stupisco e raccapriccio,
Che mirandomi in volto
Sì garbato e pulito,
Non si debba scordar l’altro marito.
Lilla.   Forte chiodo in trave affisso,
  Benchè fuor di là si tragga 2,
  Lascia sempre quella piaga
  Che una volta egli formò.
  Così pur nel seno mio
  Quella ria piaga fatale,
  Che mi fece il primo strale,
  Non ancora si sanò 3.
Filiberto. Creda però senz’altro,
Che un chiodo per lo più discaccia l’altro.

SCENA II.

Catina4 dalla finestra, e detti.

Catina. Oimè! respiro un poco,

Quando vegno al balcon;
Sia malignazo pur la suggizion.
Siora mare me tien... Veh là, per diana,
La siora squincia 5 con un cicisbeo.
Vardè che sfazzadona!
Xe un mese che gh’è morto so mario,

  1. Zatta: Oh quante donne.
  2. Per la rima, nelle edd. del Settecento è stampato: traga.
  3. Segue nelle vecchie stampe: Forte ecc.
  4. Nelle edd. Valvas., Tevernin ecc., è sempre stampato: Cattino.
  5. Vanerella, affettata, smorfiosa: v. Boerio.