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L'AMANTE CABALA 271
Me taggia i panni adosso;

Me sento proprio che me crepa el gosso1.
Filiberto. È (orse qualche dama? (a Lilla
Lilla.   Oh, oh, che dama!
Nè dama, nè pedina;
Ella è una simoncina2
Che ha più fumo che arrosto.
Smania la madre sua per maritarla;
Ma un pretesto vorria per non dotarla.
Filiberto. Come sarebbe a dir?
Lilla.   Il mio costume
Non è di mormorar, ma ben vi giuro,
Che se volessi dir... Basta, non voglio
Parlar dei fatti d’altri.
Filiberto.   È forse questa
Facile con gli amanti?
Lilla.   E in che maniera!
Sempre mattina e sera
In casa di costei chi va, chi viene:
L’altro giorno... Ma no, tacer conviene.
Catina. (Orsù, voggio andar via,
Perchè se me n’incorzo,
Certo ghe digo de chi l’ha nania 3. (si ritira
Lilla. È una senza creanza,
Superba, pretendente,
Temeraria, insolente;
Io mi vergognerei di praticarla,
Nè mi degno nemmen di salutarla.
Filiberto. Non perdiamo più tempo;
Vada a prender...
Lilla.   Iersera,
Sotto le sue finestre,
V’erano più di dieci giovinotti.

  1. Gozzo: v. Boerio.
  2. Pag. 194.
  3. Significa ogni sorta d’ingiurie: vol. VIII, 156; vol. XII, 133 e 182; e Boerio.