Che non si scioglie più sino alla morte;
Ma nodo tal (per quello
Che sento a raccontar da tante e tante)
D’ogn’altro assai più duro e più pesante.
Se poi questo si scioglie, e vedovella
Resta l’afflitta donna,
In loco d’acquistar sua libertade,
In un laccio peggior, misera, cade:
Laccio che dal maligno
Mondo le1 vien tessuto;
Ognun guarda i suoi passi,
Ognun pesa i suoi detti, ed un veniale
Peccato in lei può divenir mortale.
Lo diceva mia madre,
Che vedova rimasta e giovinetta,
Spesse volte costretta
Di pianger si trovò, benchè innocente,
Per satirica lingua e maldicente 2.
Ma fra tanti malanni
Credo che sia il peggiore
Quello d’esser soggetta ad un tutore
Indiscreto, noioso,
Cattivo, fastidioso.
Questo, meschina 3, è il laccio mio crudele.
Ma saprò liberarmi
Da tanta soggezion col maritarmi.
Verrà quel dì, ma intanto
Ch’io mi trovo soletta, alle mie noie
Rimedierò col canto.
Cantar vuò quell’arietta:
“Bella, se ti me lassi...”4
Ma no, ch’è troppo vecchia. È meglio questa:
- ↑ Così nell’ed. Zatta. Nelle precedenti edizioni è stampato gli.
- ↑ Questa che si lagna è Zanetta Casanova: v. Nota storica.
- ↑ Nelle edd. Tevernin, Savioli e Zatta c’è il punto esclamativo.
- ↑ È dialetto veneziano. Soltanto nell’ed. Zatta si legge: se tu mi lasci.