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Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/102

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92 la marfisa bizzarra

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     Tratto fuor da’ raggiri del negozio
delle gabelle, dov’era molto atto,
che non guardava al nimico o al sozio,
quando faceva qualche suo contratto;
del resto e’ si potea lasciare in ozio
o con le genti dozzinali affatto.
Or con bel scorcio e con sue sciocche risa
se n’era andato a visitar Marfisa.
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     E le disse: — Illustrissima signora,
lei s’è degnata di mia povertá de.
Sappia ch’io l’amo e che non veggo l’ora
d’esser marito della sua beltade. —
Un sterminato rubin trasse fuora,
dicendo: — Questo è della sua boutade,
e vorrei che valesse mille mondi. —
Poscia le pianta in viso gli occhi tondi.
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     E con un certo risolin scipito
stava attendendo un bel ringraziamento,
dando qualche occhiatella al suo vestito
e diguazzando i manichini al vento.
Marfisa conosceva quel marito
da molto tempo, i modi e il pensamento;
e perch’ella era bizzarra e cortese,
in questa forma rispose al marchese:
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     — Io vi ringrazio, e sposo mi sarete.
Che si de’ far? maritarsi conviene.
Frattanto, o caro, vi contenterete
ch’io rida un po’, che da rider mi viene,
r so che a male non lo prenderete. —
E cominciava a rider molto bene;
e pur lo guarda, e ride, ride, e il guarda.
Terigfi ride anch’esso a quella giarda.