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canto quarto 93

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     Perocché gli sembrava gran fortuna
la sposa sua si allegra lo accettasse.
Era Marfisa allor di buona luna:
disse al marchese che s’accomodasse,
e tra le sedie gliene additav’una
ch ’è la piú bassa tra le sedie basse.
Terigi, dopo un nuovo e strano inchino,
s’assise in quella, e pareva un bambino.
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     Non dimandar se ride la fanciulla.
— Volete voi parlar di cose dotte
— gli va dicendo — o di pappa o di culla,
del tempo buono o di piogge dirotte?
Avete voi necessitá di nulla?
avete ben dormito questa notte?
Marchese, è tutto vostro questo core:
volete voi che ragioniam d’amore? —
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     Terigi ad ogni cosa rispondea:
— Grazie alla Vostra Signoria illustríssima; —
ed abbassava il capo e ripetea:
— Tutto quel ch’è in piacer vostro, illustrissima. —
A qualunque parola che dicea
Marfisa, ei non lasciava r«illustrissima».
Le serve erano uscite dalla stanza,
che non istan piú salde a quella danza.
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     E sghignazzavan dietro le portiere,
quando sentieno «illustrissima» a dire.
Marfisa ne traeva un gran piacere,
né lascia molti patti a stabilire,
dicendo: — Voi giá siete cavaliere,
che delle usanze non voria stupire
o de’ serventi o del star fuor di notte,
perocch’io non son nata nelle grotte.