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canto settimo 181

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     Queste difficoltá, questi fracassi,
questi accidenti grandi da narrarsi,
eran per la bizzarra giuochi e spassi,
perocché andava dietro a immaginarsi
che nelle brutte e ne’ talenti bassi
la vita cheta sol potesse darsi.
— Le marmotte — diceva — di pel tondo
non sono buone a tener desto il mondo.
88
     Chi ha merito — diceva — il mondo tiene
sempre in discorso e in sé col guardo vòlto.
Che dica bene o male, o male o bene,
di questa cosa non mi curo molto.
De’ bacelloni han delle sciocche pene,
ma i scempi non gli curo e non gli ascolto.
L’invidia e l’ignoranza può contendere,
ma il mondo è per meta sempre da vendere. —
89
     Dalle commedie e da romanzi nuovi
traea gran parte de’ suoi bei riflessi.
Nelle pubbliche piazze e ne’ ritrovi,
nelle botteghe, e tra birri e tra messi,
si fanno ciarle intanto, e par che provi
ognun che il caso nato ben non stessi,
che buona cosa avea Terig^ fatta
e che Marfisa era una bella matta.
90
     Di Filinor la voce universale
dicea ch’egli era un cavalier briccone.
Ei va pensando riparare al male:
sfida Terigi con un cartellone;
che scelga il campo e l’arma; che a mortale
duello il vuol per la riputazione.
Terigi, grasso, pigro e piccoletto,
fu per morir quando il cartello ha letto.