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184 la marfisa bizzarra

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     Donde sapea del secol la malízia,
perché vivea nel secol veramente;
ma al minacciar la divina giustizia,
il secol si rideva apertamente;
che gli equivoci, i vini e la dovizia,
ch’egli ogni di cercava in fra la gente,
facea che il detto: «Fa’ quel ch’io ti dico,
non quel ch’io fo» non s’apprezzasse un fico.
4
     Turpin sotto al suo ricco baldacchino
era nel duomo, e avea presso Dodone.
Si volse a quel, dicendo: — Paladino,
perdio! questo è un bel pezzo di sermone.
Dovria pentirsi il secolo assassino
a tai sudor di noi sacre persone.
Farmi che passi delle vostre colpe
questo sant’uom piú addentro che alle polpe.
5
     Dodon rispose: — Arcivescovo mio,
del secol questo frate ha detto il vero;
ma fatemi un piacer, se amate Dio:
i vostri frati radunate e il clero,
che un giorno voglio lor predicar io,
e facilmente di provarci spero
che il maggior mal, che nel mio secol sia,
deriva dalla vostra sacristia. —
6
     Turpin prudente e grave parti zitto
con la sua cappa magna e il pastorale,
dicendo: — Un bel tacer non fu mai scritto. —
Benediceva il mondo universale,
ed alla mensa vescovil, che vitto
pareva d’Epicuro, la morale
rammemora del frate, disprezzando
gli stravizzi del secolo nefando.