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186 la marfisa bizzarra

11
     Voi del re Carlo Magno e imperatore
di cavalier di camera nel posto
siete, e persona pubblica; io signore
privato son: sicché tutto all’opposto.
S’io v’ammazzo, vedete in qual errore
di lesa maestade incorro tosto.
Nessun mi può salvar dalla rovina
del fisco e della morte repentina.
12
     Se voi mi trafiggete, io son privato:
v’è assai piú facil rattoppar la cosa.
Questa disuguaglianza è gran peccato
e una sopraffazione vergognosa.
Quando avrete l’incarco rinunziato,
non sará la disfida difettosa;
e allora al torrione oltre alla Senna
v’attenderò diritto come antenna».
13
     Scritta la lettra, diceva Terigi:
— Non vo’ mandarla, grida a tuo talento.
Può rinunziare, e allor, per san Dionigi!
venga a me l’olio santo pel cimento. —
Dicea Gualtieri: — Io sfido Malagigi
a ritrovar piú sano pensamento
co’ suoi dimon. Non abbiate paura,
che vi fa grande onor la mia scrittura. —
14
     Questo viglietto il prete, buona lana,
fé’che Terigi a Filinor spedisce.
Al guascon la risposta parve strana:
pensa e ripensa e nulla stabilisce.
Lasciar l’incarco non è cosa sana;
questa risoluzion forte abborrisce,
perocch’è necessaria la prebenda:
e par che la risposta non intenda.