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218 la marfisa bizzarra

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     Don Gualtier cappellan lo confortava,
e dice: — Io me ne intendo di litigi.
Infin ch’io vivo — e il petto si toccava, —
non temete avvocati di Parigi.
10 penetro nel centro della fava,
so del merto e dell’ordine i vestigi.
Lasciate che gambettino i forensi;
le vostre facoltá son ben castrensi.
52
     In virga ferrea ci difenderemo;
ma convien spesso tener buon consiglio,
perch’ogni picciol passo, che faremo,
causar può, s’egli è falso, del scompiglio. —
11 marchese dicea: — Va ben; ma temo
questo andar allo scrigno, caro figlio,
e questo far consulti ogni momento
faccia che alfin la lite sia di vento. —
53
     Prete Gualtieri andava nelle furie
quando sentiva questa economia,
gridando: — Eh! ci vuol altro, nelle curie,
che idee meschine e che spilorceria. —
E poi Terigi carica d’ingiurie:
minacciai di lasciarlo e d’andar via,
dicendo: — Trovate altri direttori,
che sperimenterete traditori. —
54
     Il marchese, che al fòro era ignorante,
avea nel prete ogni speme, ogni fede.
Gli avria baciato peggio che le piante,
quando ch’ei voglia abbandonarlo crede;
e gli dicea: — Non esser si arrogante.
Gesú Maria! don Gualtier, giá si vede
ch’io non so quel che fo né quel che dico.
Pregato, il prete gli tornava amico.