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canto decimo 233

31
     Comincia santimonia a poco a poco,
e lasciarsi trovare alla sprovvista
con un breviario in man, piena di foco,
rivolta verso il cielo con la vista.
Le semplicette monache, a quel giuoco,
l’un’all’altra dicea: — La s’è ravvista.
Grazie all’immagin di Gesú bambino
e al padre fondator nostro Agostino! —
32
     Marfísa scherza con le monacelle,
e mangia e beve, e ’non è piú ritrosa,
e alla badessa un giorno in mezzo a quelle
diceva, in faccia tutta vergognosa:
— Vi prego, madre, le mie maccatelle
dimenticate e siatemi pietosa.
Vorrei che il mondo tutto si scordasse
e che di me nessun piú ragionasse.
33
     So ben che il caso de’ parervi strano,
che Marfísa si tosto sia cambiata;
ma che non può di Dio Signor la mano?
Io mi sento del mondo stomacata.
Per grazia certo e poter sovrumano
non odio piú il fratel né la cognata,
e non vo’ piú saper del secol nulla.
Mi sembra esser uscita oggi di culla. —
34
     Non le dá la badessa molta fede:
pur la conforta e loda, e fa buon viso.
Dell’altre monachette ognuna crede,
e lievan occhi e mani al paradiso.
Marfísa a dir l’uffizio ognor si vede,
e un giorno fu trovata all’improvviso
con un flagello, mezzo ignuda, ardente,
che si battea le spalle leggermente.