Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/260

Da Wikisource.
250 la marfisa bizzarra

11
     Faccia bibite spesse ed abbondanti,
non mangi nulla, sorba qualche brodo.
Stiamo a veder diman se il mal va avanti;
se cresce, penserem la forma e il modo.
I rimedi dell’arte sono tanti:
gli userem tutti, se il mal terrá sodo.
A buon vederci: soffra e stia in riguardo. —
Poi se ne va sonniferoso e tardo.
12
     La dama va in furor, dietro gli grida,
Io chiama dottorello ed ignorante;
e perché son di femmina le strida,
stupefatto il dottor volse il sembiante.
Guarda Ipalca nel viso, e par che rida,
e disse: — Questo è un musico e arrogante;
e poi senz’altro dir scende le scale:
Marfisa vuol scagliargli l’orinale.
13
     Ipalca la pregava ad acchetarsi
per tutti i santi e le sante del cielo.
— Costui — dicea Marfisa — vuol spassarsi,
e del mio male non si cura un pelo;
ma s’egli spera le paghe beccarsi,
non ne beccherá una, pel Vangelo!
Tu sai la circostanza e la premura;
ei vuol tenermi un anno alla sua cura. —
14
     Ma finalmente il terzo giorno arriva:
si sente la bizzarra sollevata.
Giunto il dottor al polso, disse: — Viva;
questa è stata un’effimera sforzata. —
Dicea Marfisa: — Io son di febbre priva,
ma voi non me l’avete discacciata. —
Rispondeva il dottor: — Questo è di fatto;
ma poteva ammazzarvi e non l’ho fatto. —