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68 la marfisa bizzarra

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     Che guadagnava una pidocchieria
a insegnar per le case con affanno,
bastando appena la mansioneria
per i suoi vizi due mesi dell’anno.
— Se non guadagno qualche cortesia —
dicea Gualtier — con arte e con inganno
nelle inframesse o per alcun raggiro,
credimi, Guottibuossi, egli è un martiro. —
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     Don Guottibuossi gli rispose: — Basta,
proccuriam ch’abbia effetto la faccenda. —
Alfin fu rimenata ben la pasta,
per non far troppo lunga la leggenda.
Terigi fu contento e non contrasta,
Rugger anch’esso par che condiscenda:
nel parentado ci fu qualche sciarra,
ma il nodo stava in Marfisa bizzarra.
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     Diceva Bradamante al suo Ruggero:
— Deve ubbidirvi, le siete fratello. —
Dicea Rugger: — Perdio, che mi dispero;
devereste conoscer quel cervello.
S’ella dice: — Noi voglio — dite il vero,
degg’io far, ch’ella il prenda, col coltello. Don
Guottibuossi era un abile prete,
e disse: — Io vo’ parlarle, se il volete. —
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     Furon contenti e a lui s’accomandáro.
Il prete pensa una sua malizietta.
Trova Marfisa sola, ed ebbe caro,
che rado fu trovata o mai soletta.
EU ’era appunto in un pensiero amaro,
che le parea veder piú poca fretta
ne’ concorrenti e ne’ visitatori,
e raffreddati i sospiri e gli amori.