Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/300

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78 il corvo.
Pant. La aspetta, Maestà, che me vogio dar l’onor de tegnirghe la staffa. (prende la staffa; Millo porrà il piede nell’altra staffa, e nell’atto, ch’egli è per salire a cavallo, Jennaro sfoderando velocemente la spada, con un colpo taglierà le gambe dinanzi al cavallo, il quale cadendo addosso a Pantalone lo getterà in terra) Oi, oimè, aiuto. Cos’è ste cosse! Ah che un strolego me l’ha dito: impazzevene colle vostre barche, e ste lontan dai cavalli. (Viene sbarazzato di sotto al cavallo dai servi, e condotto via zoppicante). Guardie, zente, per carità abbiè occhio, che no i se offenda tra fradelli. (entra)

     Mil. (con fierezza) Fratel, v’intendo: il procurar ritardo
     Alle mie nozze, e l’inaudita, e strana
     Forma d’insolentarmi co’ dispetti
     Chiaro palesa un cieco, inopportuno,
     E folle amor, che per Armilla avete,
     E ch’odio verso me v’accende il seno.
     V’amo, fratel; de’ benefìzi vostri
     Non v’abusate. Non sorpassi innanzi
     L’eccesso vostro; o, Re, saprò punirvi.
     (a parte) Quale sospetto!.. gelosia m’agghiaccia,
     Mi strugge il core. È troppo bella Armilla;
     Jennaro m’è fratel; ma amor non guarda
     A congiunti, ad affronti, ad odj, a risse...
     Ah, che mi sento il foco entro alle vene.
                              (parte dispettoso colle guardie)