Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/478

Da Wikisource.
256 Turandot

Cal. Signor, non v’affannate.
     Morte pretendo, o Turandotte in sposa.
Tur. (sdegnosissima) Sposa tua fia la morte. Or lo vedrai.
     (si leva in piedi, e segue in tuono accademico)
     Dimmi, qual sia quella terribil fera
     Quadrupede, ed alata, che pietosa
     Ama chi l’ama, e co’ nimici è altera,
     Che tremar fece il mondo, e che orgogliosa
     Vive, e trionfa ancor. Le robuste anche
     Sopra l’istabil mar ferme riposa;
     Indi col petto, e le feroci branche
     Preme immenso terren. D’esser felice
     Ombra, in terra ed in mar, mai non son stanche
     L’ali di questa nuova altra fenice.
     (recitato l’enigma, Turandotte furiosa si lacera dal viso il velo per sorprender Calaf)
     Guardami ’n volto, e non tremar. Se puoi,
     Spiega, chi sia la fera, o a morte corri.
Cal. (sbalordito) Oh bellezza! Oh splendor!
     (resta sospeso colle mani agl’occhi)
Alt. (agitato) Oimè, si perde!
     Figlio, non sbigottirti; in te ritorna.
Zel. (a parte affannosa) Io mi sento mancar.
Adel. (a parte) Stranier, sei mio.
     Mi sarà guida amor per involarti.
Pant. (smanioso) Anemo, anemo, fio. Oh se podesse aiutarlo! me trema le tavernelle, che el se perda.