Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/106

Da Wikisource.
100 memorie inutili

lussurie, de’ miei stravizzi, del mio grandeggiare e de’ miei viziosi sistemi.

Quelli che pensano come io penso, non troveranno piccolezze ne’ miei conterelli.

La ricchezza non è per se medesima che un vocabolo. I sistemi e le costituzioni nelle quali fu posto il mondo dall’industria dall’aviditá e dalla forza degli uomini, hanno data una reale sostanza e soliditá d’immaginazione al vocabolo di ricchezza, che assolutamente non significa nulla. L’essenzialitá data dall’umana immaginazione, giustificata dalla falsa macchina del costume e da’ pretesti, menzogne credute veritá, è fonte perenne e principale delle ingiustizie, delle sopraffazioni, delle insidie, de’ tradimenti, delle estorsioni, de’ furti, degli assassini, de’ bisogni e delle angustie dell’umanitá. S’io abbasso il mio sguardo ad un legnaiuolo, indi se lo rivolgo ad un duca, e quindi lo innalzo ad un re, trovo con evidenza che non è ricco che quello il quale ha una ricchezza d’animo di contentarsi di ciò che possiede. È un peccato che questa veritá inopponibile sia soltanto confessata da me e da molti milioni di moribondi.

Il mio triennio è giunto al suo fine. Venne nella Dalmazia il nuovo provveditor generale Iacopo Boldú. Fu cesso il bastone di comando da S. E. Quirini colle solenni e sempre belle formalitá repubblicane.

Aveva composte ne’ momenti dell’ozio mio molte poesie in lode del signor provveditor generale e fatte giugnere delle altre da Venezia, le aveva tutte ricopiate in una raccolta con un carattere bellissimo, che aveva nella mia giovinezza, e ricucite insieme con una rispettosa lettera dedicatoria, in un cartone coperto d’un bel velluto cremesi. Mi presentai all’E. S. unito all’amico signor Massimo, e credei stoltamente di fare una buona azione recando un tributo di versi esaltatori.

Io non ero Virgilio, né nato al tempo di Augusto, e confesso che il solo fanatismo ch’io aveva per l’arte poetica mi faceva credere di fare un regalo donando de’ versi.

Il cavaliere accolse il libro con affabilitá dicendo: — Vi ringrazio. Potrò mostrare almeno che, stando voi nella mia corte,