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110 memorie inutili

compensavano tutte le sue immense fatiche nella sua reale, ma negata e soprattutto pindarica amministrazione.

Almorò mio fratello minore era pure alla villa per le vacanze di quella scuola che non aveva. Appariva ch’egli avesse avuta pochissima educazione scolastica e che avesse minor decenza ne’ suoi vestiti. Ragazzo di buone viscere, allegro e innocente, perduto nel diletto di tessere inganni agli augelletti, non aveva né l’etá né il tempo di riflettere alle sciagure, né mi parlava che del numero e della specie degli augelli che aveva presi e degli accidenti, per lui gravissimi, avvenutigli nelle sue uccellature.

Mio padre non mi parlava perché non poteva, mia madre perché non voleva, i cinque figliuoli di mio fratello co’ loro fanciulleschi sussurri e le loro strida disturbavano l’unico mio diletto in cui era ricaduto, di leggere, di scrivere delle prose e di comporre de’ versi.

A tutte le lamentazioni ed a tutti i stimoli accennati che mi si replicavano, io non rispondeva, che con un: — Vederemo e penseremo.

Nel quadro di burrasca che mi si era presentato della mia famiglia, scorgeva che qualunque passo di novitá che avessi tentato in quel numeroso vespaio di parenti, opposto alla corrente amministrazione, la quale mi dispiaceva, ma la quale sotto l’ombra di mio padre era posseduta dalle femmine, sarebbe stato mal dipinto appresso al mio padre medesimo, pregiudicato dalla educazione, suscettibile e caldo per temperamento, debile per infermitá, ma sempre padrone, e padre da me rispettato ed amato.

Dubitava che qualche mio movimento, non solo si rendesse infruttuoso, ma fosse per esser dannoso. Temeva di divenire l’odio di tutti, perché vedeva che il movente di tutti era piú amor proprio che saggio riflesso e apparecchio alla moderazione, e temeva di cagionare delle scosse tali nella macchina giá cadente dell’amato mio padre, che troncassero que’ pochi giorni di vita che gli restavano. Si vedrá fra poco che il mio pensare non era da cattivo astrologo.

Mi determinai, con una ferma costanza, alla rattenutezza, a sorpassare ogni cosa, vivente il padre, di abbandonarmi a’ miei