Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/141

Da Wikisource.

parte prima - capitolo xx 135


Proccurai di farle comprendere che non aveva necessitá di una tal firma; che nessuno si sognava di chiederle conto del passato; che anzi tutti professavano della gratitudine alle fatiche e a’ disturbi lungamente da lei sofferti, e che dormisse pure i suoi sonni tranquilli. Le mie erano parole. Ella insisteva, dimostrava de’ timori nell’andare del tempo, protestava di cercare puramente la quiete del di lei spirito. Non rifiniva mai di pregare e di far pregare di quella firma nel fondo ad un suo libraccio di scartafacci di caratteri e di numeri magici.

Il fratello Francesco mi fece de’ riflessi che parevano sani e ch’erano infermi. Mi disse che nulla significava quella firma necessarissima per la pace in que’ princípi; ch’era da ovviare e da troncare tutti i motivi di malcontentezza e di turbolenza; che nessun fine maligno poteva avere una donna entrata nella casa senza alcuna dote, e colla di lei madre e il di lei padre vissuti lungo tempo, mantenuti e seppelliti a spese della nostra famiglia, e che non aveva avuto mai né aveva niente di proprio. Aggiungeva che s’era consigliato con de’ legali e che sapeva ciò che diceva; ch’egli certamente non abbracciava d’agire poco né molto se doveva incominciare dal dar de’ disgusti, i quali averebbero tragiversata l’opera sua.

Infelici riflessi e piú infelice politica. Il fratello Gasparo, marito della chiedente, aveva giá firmato per dar buon esempio. Il fratello Almorò era giá stato sedotto a firmare. Il fratello Francesco era disposto per prudenza a firmare e mi predicava perch’io firmassi. Io rimaneva solo, e il solito giovine torbido, inquieto ed ostile. Vinsi la contrarietá del mio cuore per levarmi l’odio universale. Senza alcun esame de’ magici scartafacci, in atto di fare una quitanza, si videro impresse generosamente quattro firme nel fondo d’un informe libraccio, che pochi mesi dopo animarono l’occulta serpe in que’ sgorbi, che s’udirá.

Pregai il fratello Francesco a misurar bene le spedizioni che faceva dal Friuli a Venezia e, nel carteggio che doveva tenere col fratello Gasparo, d’illuminarsi sulle disposizioni che s’intendeva di fare, e a non essere facile e condiscendente a tutti gli ordini di spedire generi e danari che gli fossero dimandati.