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154 memorie inutili

volle da me giammai quelle mercedi che sono dovute alle applicazioni ed a’ passi de’ suoi pari, chiamando insulti le mie esibizioni, e non fece talora difficoltá ad aprire la sua borsa nelle mie ristrettezze e ne’ miei conflitti.

Non ho mai conosciuto un forense piú veloce di lui a comprendere le ragioni e le obbiezioni, né il piú rapido a fare un fruttuoso esame d’un promontorio di scritture, né il piú penetrativo a pronosticare dell’esito d’una lite e a conoscere la mente, l’animo e l’equitá de’ nostri giudici.

Nella sua professione ognora in battaglia, egli non può avere nimici che degl’invidiosi de’ molti beni ch’egli s’è guadagnati co’ suoi sudori, degli avidi che non possono usurpargli le sue sostanze, e degli avversi fugati dalla sua abilitá.

Il tempo, le mie e le di lui circostanze, le sue occupazioni che si accrebbero sempremai, hanno scemata tra lui e me una pratica ch’era giornaliera e famigliare; ma niente potrá in me diminuire un sentimento di gratitudine, che conserverò sempre verso ad un uomo riparatore alle desolazioni e miglioratore dello stato della mia famiglia.

Incamminate le mie molte giuste pretese di comun giovamento a’ tribunali della giustizia, non tralasciai di visitare tratto tratto mia madre e la famiglia di mio fratello Gasparo, allora occupato colla moglie a innestare e a tradurre delle poetiche fantasie teatrali per la comica compagnia e per quel teatro da lui preso a condurre, e che doveva arricchirlo.

Alle mie visite, ingenue e cordiali dal canto mio, la madre mi chiedeva qualche picciola somma di danaio a prestanza con sostenutezza materna, ch’entro al possibile non le negava, scordandomi di chiedere la restituzione. La cognata si sforzava a caricarmi di qualche affettata adulazione. Le sorelle mi guardavano con occhio di vero affetto, rattenuto da non so qual soggezione, e il fratello m’accettava come un filosofo che non si cura di veder nessuno mal volentieri.