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158 memorie inutili

scrisse sopra ad un foglio, che m’ha consegnato colla sua firma, ch’egli non aveva parte alcuna nelle opposizioni che si facevano, e che i di lui fratelli Francesco, Carlo ed Almorò avevano ragione di impossessarsi della casa toccata loro nel partimento legale seguito, e ch’egli non sarebbe giammai per contraddire al loro giusto possesso della medesima.

Le divisioni, le carte, i maneggi, le preghiere, tutto fu vano. Il tempo stringeva, e convenne con mio rammarico ricorrere a un giudice che decidesse sommariamente il nostro possesso. Questo fu Sua Eccellenza conte Galean Angarano, allora avvogador del comune. Contro ogni mia aspettazione vidi comparire al tribunale di quel gravissimo giudice la moglie di mio fratello in aria di avvocatessa, alla testa di mia madre e delle mie sorelle, colla retroguardia di mio fratello vittima. Tronco una scena troppo comica,

Il giudice conobbe la mia incontrastabile ragione e, prima di far la parte del giudice, si dispose umanamente a far quella del mediatore. Vidi molte confabulazioni secrete tra il giudice e Sua Eccellenza Daniele Renier senatore, che sosteneva la circostanza della dama Ghellini Balbi, la quale aveva da noi la scrittura d’affittanza e pagato il suo semestre di affitto. Il medesimo senatore confabulava secretamente colla mia cognata, ch’era la colonna della mia vessazione. Ero curioso di vedere il parto delle confabulazioni, ed eccolo. Il senatore Renier venne a dirmi che il giudice era per pronunziare la sentenza a mio favore, ma che s’io facessi uno sborso di sessanta ducati, che mia cognata chiedeva per alcuni bisogni, averei avuto il possesso della casa senza sentenze che vanno soggette agli appelli e a tardanze indicibili. Respirai, ringraziando l’Eccellenza Sua del maneggio e del buon consiglio. La cognata ebbe i sessanta ducati, e noi avemmo la nostra casa. Feci immediatamente ristaurare quell’albergo, che pareva l’avanzo d’un saccheggio. La dama passò ad abitarlo con un’affittanza di soli cinqu’anni, e questo passaggio