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CAPITOLO VII

Novitá dannose nella compagnia del Sacchi. Miei passi, miei impegni, mie minacce, miei pronostici, miei puntigli in favore di quella compagnia, tutte cose sufficienti a far ridere ragionevolmente di me.


Appena ebbe il Sacchi la carta firmata di concessione del teatro in San Salvatore per l’anno successivo, i comici scacciati da quello presero il teatro in Sant’Angelo, allora dal Sacchi occupato, e iracondi di perdere il loro asilo, cercarono colla loro politica di vendicarsi.

Circuirono con lusinghe e con danari (di che i comici italiani hanno sempre bisogno) de’ piú valenti attori della compagnia da me protetta, tra’ quali Cesare Derbes, Pantalone eccellente, e Agostino Fiorilli, Tartaglia celeberrimo. Riuscí ai circuitori di sedurre que’ due campioni dell’arte comica alla sprovveduta a disertare e ad unirsi al loro squadrone, piú per indebolire la societá insuperabile del Sacchi che per fortificare il loro nuovo accampamento, sapendosi che, per non poter essi avere alcuna sorte nelle commedie all’improvviso, s’erano interamente dedicati alla predicata teatrale coltura.

Una tal diserzione mortificava gl’interessati col Sacchi, e mi sussurravano agli orecchi la loro disgrazia. Incresceva anche a me di veder disgiunte quattro maschere, portenti della natura, che unite formavano un amenissimo divertimento.

M’accinsi a voler distorre que’ due attori da un abbandono poco onesto dopo quattordici e piú anni d’armonica unione. Parlai col Derbes, ch’era anche mio compare, con de’ modi che dovevano convincerlo. La risposta ch’egli ha data al di lui compare, ch’egli idolatrava in parole, fu questa: — Perché appunto temeva ch’Ella proccurasse di distormi da’ miei nuovi compagni e perché il mio cuore non è capace di negare niente a lei, tenni occulto il contratto e lo firmai secretamente per non essere piú