Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/320

Da Wikisource.

CAPITOLO XIII

Nuovi tratti della mia sciocca amicizia perseverante per la comica Ricci.

Al terminare delle recite della sacchiana compagnia di Milano, ricevei una lettera dell’amico Sciugliaga, che mi metteva in un dovere cristiano verso la mia novella comare Ricci.

Egli mi scrisse che il marito di lei era infermo e che, fatto da lui esaminare e visitare da certo celebre dottore Moscati, era stato dichiarato per tutti i segni evidenti tisico in terzo grado; che la moglie, giovine, non molto robusta, e i teneri figli sarebbero caduti nella stessa miseria, senza una separazione. Mi avvisava di ciò per scarico della di lui coscienza, e mi metteva nel debito d’uomo compare di darmi un doveroso pensiero sopra a tale imminente sciagura.

Era questo un cattivo principio al mio comparatico. Sentiva però, come l’amico Sciugliaga, i stimoli della umanitá e della pietá, e m’accinsi a de’ passi opportuni.

Il Sacchi in que’ tempi non pareva disumanato. Egli era giunto a Venezia prima degli altri compagni, per porre in assetto l’apritura del suo teatro.

Gli palesai la circostanza della Ricci, gli feci vedere la lettera dell’amico Sciugliaga e lo pregai a contribuire possibilmente al riparo d’una povera sfortunata, ch’era un’utile attrice alla sua compagnia.

Quell’uomo di temperamento fumoso si sorprese del caso. — Dio guardi — mi disse — che nella compagnia si sparga la voce che il marito della Ricci è infetto d’una tisi; s’apre un inferno di sussurri e di dissenzioni.

La mia flemma lo fece flemmatico. Concluse che sarebbe stata cosa ottima, all’arrivo della compagnia in Venezia, l’indurre il marito della Ricci, con qualche pretesto sulla di lui salute, di portarsi nella sua aria natía di Bologna, e che gli sarebbero