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parte seconda - capitolo xxi 367

scena e che possa divenirmi nimico. La Ricci potrá fare per stizza de’ pessimi uffizi. Lei sa che nel nostro mestiere siamo in necessitá di coltivar tutti.

— Buono! — diss’io — volete dunque che la mia zampa sia quella del gatto che vi cavi il marrone dal fuoco. Bene, bene, se verrá un momento opportuno vedrò di servirvi e d’impedire un disordine con la maggior cautela possibile.

Feci una delle mie fredde visite alla Ricci in ora di trovarla sola, e dopo una breve conversazione sui generali, attesi il momento del mio partire per dirle con atto d’indifferenza: — Mi scordava di dirvi una cosa che veramente non ho voglia di dirvi. Crederei però di mancare all’amicizia non dicendovela, e di lasciarvi esposta a ricevere delle grossolane mortificazioni. Il Sacchi mi disse le tali e le tali cose. Mi pregò ad avvertirvi di ciò ch’egli fu avvertito. Giá avete le visite libere del signor Gratarol nella casa vostra. Voglio sperare che vi regoliate con prudenza, senza cagionare odiositá verso nessuno in questa faccenda.

— Il Gratarol non viene per me sul palco scenario — rispose la Ricci infiammata. — Che importa a me che venga o non venga? Il Sacchi può dirgli che cessi di venire.

— V’ho fatta la narrazione d’una veritá, pregato — diss’io con perfetta calma. — Fate l’uffizio voi, lo faccia il Sacchi o non lo faccia nessuno, a me niente deve importare.

Sono partito dopo queste parole, lasciando la Ricci rovente e crucciosa.

Vidi d’aver fatto un male per fare un bene, sedotto dalla mia solita condiscendenza; e dall’umore viperino in cui lasciai quella femmina, credei di poter conghietturare tra me de’ maligni uffizi contro la mia persona. Quali sieno stati cotesti uffizi non saprei dirlo, ma tutti i segni mi dissero che furono pessimi. La Ricci vedeva con ira, spirante la mia amicizia per lei, e desiderava di tener fermo il novello amico. Prima di confessare il suo torto della direzione ch’ella aveva riguardo a me, sarebbe scoppiata; e vinta dal suo amor proprio e dall’albagia, non sapeva vedere in me che un ente geloso.