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54 memorie inutili

poco dopo comparire un buon padre dell’ordine de’ predicatori di S. Domenico.

Egli m’ascoltò, ed io l’ascoltai, e mi sono trovato capacissimo di morire con una costanza da antico romano.

De’ moderni filosofi, che hanno adottata, a mio credere, assolutamente un’immagine falsa della filosofia, troveranno in questo mio apparecchio alla morte d’accordo con un domenicano, una piccolezza plebea di pensare.

Io non seppi e non saprò giammai disgiungere la filosofia dalla religione, né ho potuto giammai arrossire sul punto della religione di somigliare a un bambino e ad un vecchio decrepito. Ringrazio il mio bamboleggiare per innocenza, e il mio vaneggiare con una natura spossata per de’ timori avvalorati da tanti grand’uomini in questo proposito, e giudicando ciò che si chiama da alcuni «sublimitá di pensare», cecitá dannosissima, cagionata da’ sensi viziati e da un corrotto costume. Non invidio sublimi.

Il protomedico Danieli, assai grasso e assai nero, a cui ero stato raccomandato da S. E. Provveditor generale, non mancava né di attenzione né di polverine né di cordiali né di cristeri, colla solita inutilitá. Mi consigliò a rassegnarmi alla morte ed a ricevere la venerabile eucaristia, edificatissimo che avessi prevenuta l’inefficacia della sua dottrina ipocratica colla mia confessione penitenziale.

Richiamando tutto il residuo de’ miei spiriti vitali, feci con sommo raccoglimento anche questo passo. Trovava pochissima differenza da quella mia stanza ad un sepolcro riguardo al mio corpo, e per ciò non mi passava nemmeno per la fantasia il ribrezzo d’abbandonarlo a’ beccamorti.

Lo stato mio attendeva la sacra unzione, quando una di quelle emorrogie di sangue dalle narici che m’avevano prima ben quattro volte ridotto all’uscio della morte, venne a farmi rivivere.

Era ridotto lo spettacolo d’una infinitá di popolo, che si affollava intorno al mio letticciuolo per vedere la beccheria del mio naso.