Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/67

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parte prima - capitolo vi 61

d’uffizi e di lucri, mi persuasero agevolmente ad un tale abbandono. La mia resistenza in quel triennio, non fu altro che un riguardo di non dar luogo alle derisioni, di non farmi giudicare volubile e leggero da’ miei congiunti, a’ quali averei voluto un giorno giovare co’ miei suggerimenti, col mio credito e coll’esempio della mia perseveranza. Il mio lettor è però in piena libertá di considerare la mia resistenza di tre anni, piú un’ostinazione mal sostenuta che un riguardo.

Scorsi otto mesi di scuola di fortificazione, un’atrabile mi involò il mio povero maestro tenente colonnello Marchiori in pochissime ore. Egli aveva ottenuta una compagnia vacante nel reggimento di fanti italiani appellato «Lagarde», pochi giorni prima, in competenza col capitan tenente del reggimento medesimo.

Essendo egli uno di que’ uffiziali riformati col privilegio di aspettativa e con poco onorario, scortato da’ suoi titoli e da’ suoi diritti, vinse la compagnia in concorrenza, e sperando di vivere piú agiatamente ebbe la morte dalla sua stessa vittoria.

Alcune parole pungenti l’animo suo delicato sul trionfo ottenuto, delle quali fu impossibile il vendicarsi, risvegliarono tanti veleni nel di lui interno, che gli fecero abbandonare la vita e la compagnia conquistata. A quest’evento i miei riflessi morali fecero un viaggio assai lungo.

Il Marchiori era onest’uomo, la sua morte fu compianta da tutti, dolse insino a chi era stato la cagione, credo anche al capitan tenente ch’ebbe tosto la compagnia combattuta, ma scommetterei che il dispiacere degli altri non fu maggiore del mio. La sua sofferenza, la sua affabilitá, la sua dolcezza usate con me, piú come amico che come maestro, mi restarono fitte nella fantasia e tennero in me la mestizia viva per lungo tempo.

Grado grado mi raffreddai ne’ miei disegni geometrici, mi riaccesi ne’ miei primi studi e senza mancare alle guardie e agli altri doveri della mia ispezione, attendeva il termine del mio triennio, a cui mancava ancor molto, per cangiar vita.