Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 2, 1910 - BEIC 1838429.djvu/182

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176 memorie inutili


Nel tempo ch’io apriva l’uscio mio, viddi il padre putativo in camicia, con un lume ed una lunga scimitarra ignuda in mano, correre furibondo e salire la scala per fare una sua vendetta. La moglie in camicia gli correva dietro strillando per trattenerlo. Il Massimo in camicia con un lume e colla sua spada imbrandita sbucò anch’egli dalla stanza al romore, dubitando di ladri. Il marito correva su per la scala bestemmiando. La moglie lo seguiva ululando. Io seguiva la moglie sbalordito. Il Massimo seguiva me gridando: — Chi è? cos’è? datemi luogo, lasciate fare a me.

Il quadro era teatrale. La finestrella era aperta. La ragazzetta in camicia era caduta a’ piedi di quella, rannicchiata, spaventata e tremante. Il delitto era evidente. Durammo gran fatica in tre a trattenere quel tal padre putativo, divenuto Orlando furioso, che voleva troncar la testa a quella tal figlia adottiva. Lo strepito fu grande, e ne’ lunghi processi fatti, ne’ quali per grazia del cielo nessuno s’è sognato di includermi, s’è rilevato che non solo quella modestina accettava delle notti il giovane per il tetto, ma che molte delle notti ella discendeva pianamente tutte le scale, apriva l’uscio della strada e si godeva non so quanti maschi in una cantina a pian terreno.

Tutte le cose rimasero rappattumate con delle prediche, delle minacce, delle dimande di perdono, delle promesse, de’ giuramenti di non far piú e del cambio di dormitorio destinato a quella vergine.

Sono partito da Zara allegro tre giorni dopo quel terribile avvenimento, raccapricciato sul mio secondo amore con una Messalina di tredici anni.