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Nimbo di turchino cupo,
Trasparia da un finestrone,
Di là da un aspro dirupo,
Il ciel del settentrïone;
Un ciel recondito e voto,
Un ciel dïafano e tetro,
Ove un abete remoto
Parea dipinto sul vetro.
L’organo sotto l’acuta
Volta ruggiva: Che hai fatto
Del pegno del tuo riscatto,
Della tua vita perduta?
Che hai fatto de’ tuoi pensieri,
Che per gli spazii immortali
Devevan essere strali
Da penetrar tutti i veri?
Che hai fatto di quell’amore
(Anche il ricordo n’hai spento?)
Che già t’aveva redento
Dalla colpa e dall’errore? —
Un’ombra viscida e ghiaccia
Sembrava uscir d’un avello
E mi sfiorava la faccia
Con ali di vipistrello.