Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/11

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viii

quando ben lor venga raccomandato alcuno che sia versato nella lingua, e sappiala anche bene insegnare, essi voglion pur mercanteggiare e stiracchiare il prezzo delle lezioni, come si farebbe con uno di questi mercatantuzzi che vanno per le botteghe da caffè, e non si vergognano di rinfacciare a un vero professore, che il tale insegna sol per tanto, e il cotale lo fa per meno, quasi potesse aver luogo paragone fra questo e quelli. Essi si troveranno, nondimeno, aver perduto il tempo e la fatica dietro una lingua, la quale io ardisco predire dover cadere, non passerà molt’anni, nell’obblivione, e nel disprezzo di tutti gli uomini sensati; perciò che, laddove otto anni fa, quando pubblicai la prima edizione, io mi contentava della approvazion dei pochi, ora veggo essere in tanto numero cresciuti i giovani che si danno allo studio della lingua, che io spero vedere, a’ miei dì, il tempo che pochi, per lo contrario, si diran coloro che del vero bello non si diletteranno. Troppo era duro il confessare, nel principio del risurgimento della buona letteratura, a coloro che già avevano passato il sommo dell’arco dell’età loro, se essere errati; e non saper nulla, e peggio che nulla, in quanto è a stile; et quae imberbes didicere, senes perdenda fateri; ma la gioventù del presente tempo, avendo in ogni parte d’Italia, e in Francia, e in Inghilterra, alcun zelante che loro accenni il sole nuovo e la luce nuova, non altri che gl’ignoranti e i poveri d’ingegno vorranno tener gli occhi chiusi, o dar le spalle allo splendore che gli abbaglia.