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Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/493

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466 forniva, sodo sparse allre bellesee di locuzione e bei modi di dire a aiille a mille. In qaanto alla grammatica dissi già eh* egli è il più corretto, e che ho preso lui per prima autorità; mostrai come non è per tutto ciò da imitar ciecamente, perchè nella ripetizion de* vocaboli è troppo copio* so, sì che talvolta langue; egli ha usato alquanti gallicismi, i quali tutti son diventati buone maniere italiane; perchè, adoperandole egli, le approvò; ma eàse si debbono pure usare con riserva • Il gittate il verbo in su la fine del periodo alla latina, come egli spesso fa, si può con buono effetto nsare anche da noi qualche volta, o per variare, o vero perchè il sentimento delle parole il richiegga.Dei vocaboli che in sul fine di alcune edizioni son notati in indice per vo* ci antiche, essi son tali per chi non ha letto e per chi non li sa usare; ma per me, tolti pochissimi che in ogni qualuaque opera si trovano convenire a quella sola, il rimanente appartiene cosi alla moderna lingua, chi la sa scrivere, come all’antica* Ma quante, non solo voci, ma espressioni bellissime, e leggiadri modi ed efficaci, s* erano per negghienza, per infingardaggine, o a dir più vero, per difetto d* uomini d*ingegno, abbandonali, i quali insieme con la bellezza deVocaboli formano quell’mco^iVo indistinto^ che rende Io stile degli antichi tanto superiore a quel che s^era introdotto Il fiore della lingua del Boccaccio sta neiropera detta il Decamerone; per la quale Tltalia gli sarebbe assai più grata se T avesse scritta con intendimento ad esaltazione de* buoni costumi, anzi che ad abbassarli e metterli in derisione; e non senza grande sforzo contro alla natura mia mi lascio io trarre a raccomandare per lo migliore studio della lingua, un libro pericoloso per altro nelle mani della