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Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/494

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467 gioventù; ma le cose del mondo son pur troppo tutte cosi conteste di rose e di spine. Io chiuderò dunque il capìtolo con una serie di frasi in ciascuna delle quali noterò quella quelle espressioni che aveano avuto la sorte delle voci dette antiche, e che quasi pili da nessuno erano nè usate nè conosciute; oltre alle tante che qua e là nel corso di quest* opera ho già messo sott* occhio al lettore; e rileverò ancora la forza e la virtù di alcuni vocaboli o modi di dire che distinguono il grande scrittore* SAGGIO d’alcune BELLEZZE DI STILE DEL DeCAMERONE. Egli disse: io ti perdono^ per tal confenente^ che tu a lei i^ada; e come tu prima potrai^ facciti perdonare; e dove ella non ti perdoni ecc. Ecco rara espressione, per tal contenente; cioè, per tal convenzione o patto, che francescamente si diceva a que^^ sta condizione; e un* altra in cometuprima^ in luogo di cO" me più tosto f subito che^ piò comune. E dos^e ella non ti per’doni; quanto piò bello assai di e se ella non ti perdona! In questo sta l’eleganza • Dante ha: Dimmi *l perchè diss* io^ per tal con sdegno; donde par che il Boccaccio abbia tratto per tal com^enente^ segno manifesto che anch* egli notò questa espressione per bella. Io sfi perdono^ sì x^eramenie che wi mi diciate ecc. Os« servisi il sì s^eramente^ altra leggiadra forma che i moderni avevaa lasciata per la condizione de* Francesi. L* analisi è data altrove* Ma una cosa vi ricordo i che^ cosa eh" io vi dicd^ voi vi guardiate ecc. Anche ricordare una cosaaduno^ in luogo Òiavver^ tirlo di una cosa^ chi l’adoperava oramai più, se non i pò